Axa IM. Dalla Russia con amore

FOTO OBBLIGAZIONI DI STATOPer i primi due mesi dell’anno, i rendimenti dei titoli di Stato hanno rispettato le attese. Sono saliti. E lo hanno fatto perché è migliorato l’ottimismo sulle prospettive economiche globali. Ma poi, dalla fine di febbraio, hanno iniziato a scendere. Certo, il mercato USA ha assistito di nuovo a un aumento dei rendimenti a inizio maggio, ma tali rendimenti oggi si trovano su livelli inferiori a quelli di fine febbraio. Bund tedeschi, Gilt britannici e titoli di Stato giapponesi sono tutti ben al di sotto dei livelli di inizio anno. Di conseguenza, la performance dei titoli di Stato è stata migliore del previsto. Inoltre, ha giovato la posizione long sulla duration, poiché una strategia nel reddito fisso core e in titoli di Stato in Europa ha fatto meglio del credito investment grade. In generale, i rendimenti dei governativi appaiono ancora troppo bassi in considerazione dello scenario di crescita robusta. Sono più alti negli Stati Uniti poiché la Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse a breve termine e l’inflazione è risalita (2,9% a giugno rispetto all’anno precedente), ma restano bassi nei Paesi core in Europa, nel Regno Unito e in Giappone poiché i tassi di interesse sono ancora intorno o al di sotto dello zero. Dunque, in futuro, diventa difficile essere eccessivamente rialzisti sui governativi come strategia di investimento a sé stante. Secondo me, gli yield resteranno in genere tra range ben definiti. Tassi a parte, il mercato obbligazionario si sta facendo un po’ più interessante. Si stanno aprendo sacche di valore. A seguito dei recenti incontri sulla strategia, il mio team ha concluso che, dopo esserci concentrati sulla conservazione del capitale nell’ultimo anno, dovremmo tornare a rivalutare le opportunità di incrementare il rischio di credito, anche se non è ancora il momento perfetto. Abbiamo assistito a grandi oscillazioni nei mercati emergenti; oggi ci sono opportunità di investire nelle strategie obbligazionarie short duration con yield oltre il 5%. L’Asia ne ha risentito molto nel timore di possibili ripercussioni sulla crescita di una guerra commerciale. I mercati asiatici hanno subìto inoltre la presenza di operatori fortemente indebitati, e la chiusura delle posizioni ha alimentato la volatilità. In effetti, negli ultimi mesi l’Asia ha realizzato performance inferiori al resto dei mercati emergenti dopo essere stata per un po’ di tempo un porto sicuro a più basso beta. Secondo gli indici di credito asiatico di JP Morgan, il mercato delle obbligazioni corporate non-investment grade oggi scambia a uno yield-to-worst superiore all’8% e alcune parti del mercato (in particolare i titoli corporate cinesi) scambiano a rendimenti a doppia cifra. Infatti, oggi, lo yield è alto quasi quanto durante il periodo di rallentamento  di ribasso delle materie prime in Cina del 2015-2016. Ci sono diversi settori in cui i rendimenti sono saliti molto quest’anno. Il segmento high yield in Europa ha riportato un aumento degli yield di 150 p.b., attraverso un aumento del premio per il rischio di credito più che del tasso risk free sottostante. Il rendimento dei finanziari subordinati in euro è salito di 120 p.b. e quello delle convertibili contingenti di quasi 200 punti base. Si tratta di oscillazioni abbastanza significative. Qualche investitore potrebbe essere tentato di tornare a investire nel reddito fisso se i valori si ampliassero ancora. Si potrebbe pensare che risulti difficile essere ottimisti di fronte a tanto populismo. Non si capisce se i leader globali si abbracceranno oppure si pugnaleranno alla schiena a vicenda. I leader populisti certamente vogliono il meglio per le loro economie ma hanno trascurato le conseguenze globali di alcune delle loro azioni, per cui diventa difficile per le imprese fare piani per il futuro. Immaginatevi un’azienda britannica che deve pianificare una strategia per le esportazioni nel più lungo periodo quando un numero significativo di membri del governo si oppone al piano proposto dal Primo Ministro in merito ai rapporti commerciali post-Brexit con l’Unione Europea. Sembra che l’economia mondiale stia andando bene, nonostante il populismo e le dichiarazioni dei politici. Come investitori è difficile fare previsioni, poiché c’è il rischio che, a un certo punto, le spacconate si trasformino in politica, producendo effetti reali sull’economia. Quello che possiamo dire è che la politica fiscale negli Stati Uniti ha favorito la crescita e che finora, e in base a quanto avverrà sul fronte dei dazi, l’impatto del protezionismo è stato relativamente contenuto sulle prospettive di tale crescita. Ma le incognite sono numerose. Se verranno imposti i dazi sulle importazioni di automobili, nessuno sa veramente valutare gli effetti moltiplicatori su posti di lavoro, fiducia dei consumatori, inflazione e investimenti delle imprese. Questo avviene alla luce del sole. L’incertezza riguarda in che misura la politica diverge dal precedente consenso liberale diversamente dal periodo 2007-2008 quando la maggior parte degli investitori non aveva idea (finché non fu troppo tardi) della portata dei prestiti sub-prime, della leva finanziaria e delle conseguenze dell’enorme espansione della situazione patrimoniale delle banche. Il punto è che, se le decisioni della politica non saranno così negative come si teme, la forza dell’economia potrebbe continuare ad avere la meglio e i mercati del rischio potrebbero ottenere buoni risultati. Se oggi riuscite a trovare strumenti più convenienti, tra quelli che hanno scontato gli scenari peggiori, allora la remunerazione potrebbe essere molto alta. L’ultima opportunità vantaggiosa per acquistare credito risale a inizio 2016. In termini relativi, se confrontiamo il credito coi titoli privi di rischio, il credito in genere non è conveniente come allora. Oggi il segmento investment grade USA scambia a uno spread del 60% circa rispetto ai livelli più convenienti del 2016, il mercato investment grade in euro è intorno al 70% rispetto al livello più conveniente, e il Regno Unito si trova a metà strada. Gli spread high yield sono assai inferiori ai massimi livelli del 2016 (40% negli Stati Uniti, 60% in Europa). Anche i mercati emergenti nel complesso non ci arrivano. Il credito in Asia spicca in termini di valore relativo. La regione non è stata colpita altrettanto duramente sul fronte del credito rispetto alle altre zone del mondo nel 2015-2016, eppure in questa fase ha riportato performance negative. Tuttavia, unicamente in termini di yield, alcuni settori sono molto più convenienti rispetto all’inizio del 2016. Per esempio, il credito investment grade USA oggi ha uno yield-to-worst del 4,1% rispetto a poco oltre il 3,60% di tale periodo.

Chris Iggo (CIO obbligazionario Axa IM)

 

 

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