Patuelli (Abi). La crisi, l’Europa e la crescita. Ecco cosa hanno fatto e stanno facendo le banche per favorire la ripresa in Italia e garantirle prospettive di sviluppo

Il Presidente dell'Abi, Antonio Patuelli

Il Presidente dell’Abi, Antonio Patuelli

Le banche in Italia stanno facendo grandi sforzi e progressi per la ripresa, hanno fortemente rafforzato le loro solidità patrimoniali con addirittura 70 miliardi di aumenti di capitale e ancor più colossali continui prudenziali accantonamenti anche per far fronte ai costi della decennale crisi che in Italia è stata più intensa, come ha rilevato il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Le sofferenze, al netto degli accantonamenti, sono ridotte a circa 50 miliardi rispetto ai 90 del picco del 2015. I crediti deteriorati netti sono 135 miliardi rispetto ai 200 di giugno 2015. Proseguiamo in questi sforzi. Però ogni aumento dello spread impatta su Stato, banche, imprese e famiglie, rallentando la ripresa. I prestiti a famiglie e imprese incrementano di oltre il 2% su base annua. Aumentano anche nel Mezzogiorno che ha bisogno di strategie di più forte sviluppo che utilizzino i tassi infimi che sono un’occasione storica per famiglie e imprese. Le banche in Italia hanno affrontato le crisi bancarie sopportando alti costi: circa 12 miliardi per i salvataggi e per nuovi fondi europei e nazionali di garanzia. Chiediamo che le norme dispongano che ciascuna banca debba contribuire ai Fondi di garanzia di cui può teoricamente usufruire e non ad altri. Stiamo favorendo una nuova fase di ripresa di produzioni e occupazione.

Le innovazioni nel mondo bancario italiano si sviluppano e continueranno con velocità molto elevata, con una rivoluzione tecnologica, culturale e metodologica che sta facendo competere le migliori con le più efficienti d’Europa. Le banche costruiscono l’avvenire nel pluralismo competitivo, con scelte d’impresa orientate a fornire a ciascuno libertà e responsabilità di preferire di volta in volta prodotti e servizi, con sempre più nuove tecnologie e senza cadere nell’errore (fatale all’inizio del Novecento) di mitizzare le macchine a scapito delle persone e delle libertà. Le tecnologie offrono nuovi spazi di libertà e nuovi rischi: occorre cogliere positività e potenzialità delle innovazioni e non arrendersi mai di fronte ai rischi verso la sicurezza e le libertà. Efficienza e garantismo, fintech e diritto debbono procedere assieme. La concorrenza fra le banche è anche in qualità, sicurezza e libertà di scelta nei servizi, in completezza e chiarezza delle informazioni.

Le regole dello Stato costituzionale di diritto debbono applicarsi ugualmente al mondo reale e a quello virtuale. L’innovazione non deve mai andare a scapito della legalità. Le banche sono all’avanguardia per la legalità contro tutte le forme di riciclaggio, connessione di tanti reati.

La nuova frontiera dei diritti civili è anche l’impegno per la tutela dei dati personali contro intrusioni illecite e rischiose per le libertà, affinché la globalizzazione non sia anarchia planetaria a scapito dei diritti umani e civili. Fintech, investimenti e nuovi soggetti, mercato e certezza del diritto, concorrenza leale e garantita da norme e Vigilanza, sono interconnessi e rappresentano sfide innanzitutto culturali e di metodo.

La grave crisi ha profondamente colpito l’Occidente che, con realismo e lungimiranza, deve compiere analisi più approfondite. Occorre avere lo sguardo più lungo, porsi nuovi obiettivi di sviluppo economico, sociale e civile che concretizzino progetti di crescita e diano nuove speranze innanzitutto ai giovani, battendo il pessimismo preconcetto e la rassegnazione. La crisi ha interrotto il prospero dopo guerra fredda, il ventennio 1989-2008. Non ci sono più le certezze di crescita continua e le prospettive di maggiore prosperità che l’Occidente ha rappresentato.

La crisi ha fatto perdere fiducia verso e nell’Occidente che è divenuto insicuro perfino dei suoi principi. Sorgono nazionalismi nelle più varie forme, anche fra popoli che nel Novecento furono soggetti a più dispotismi e dove i sogni di libertà e prosperità venivano identificati nell’Occidente e nell’Europa libera. Vengono messi in discussione i principi e le regole della società aperta, del mercato libero, regolato e competitivo.

Questi disorientamenti e conflitti hanno origini nelle problematiche economiche e sociali che si sono trasformate anche in malattie morali, in crisi d’identità che colpiscono l’Occidente e vedono anche forti diversità normative innanzitutto in economia.

Oltre Atlantico sta prevalendo un protezionismo neo isolazionista, mentre l’Europa vive rischi di disgregazione anche superiori a quelli di Brexit.

Occorre tener conto delle strategie degli USA che hanno internamente intrapreso una nuova stagione di riduzione (in parte anche eccessiva) della regolamentazione anche per favorire il credito alle piccole e medie imprese, mentre in Europa si continua ad incrementare una dettagliatissima regolamentazione per le banche e le assicurazioni: nel 2017 sono state emanate ben 1.509 norme di diritto europeo e nazionale, considerando tutte le fasi normative, circa sei al giorno lavorativo, in incremento rispetto alle 1.247 del 2016.

Le direttive di Basilea debbono essere identiche e uniformemente applicate in tutto l’Occidente per assicurare nuovi equilibri fra stabilità e crescita, con pubblici esami preventivi d’impatto per ogni regola. La lunga crisi non deve far ripiegare l’Occidente dai suoi principi di crescenti libertà civili, economiche e sociali, di prosperità e certezza del diritto. Da anni sosteniamo che l’alternativa è fra nuova Europa e neo nazionalismo. Occorre una svolta nell’Unione Europea con obiettivi ambiziosi di crescita che la riguardino tutta. “L’Europa -sostiene giustamente anche il programma del Governo della Repubblica Federale Tedesca- combina integrazione economica e prosperità con libertà, democrazia e giustizia sociale…..Un’Europa forte e unita è la migliore garanzia per un futuro di pace, libertà e prosperità…L’Unione ha bisogno di un rinnovamento e di un nuovo inizio: vogliamo un’Europa della democrazia e della solidarietà. Vogliamo approfondire la coesione europea sulla base dei valori democratici e costituzionali a tutti i livelli e rafforzare il principio della solidarietà reciproca”. La Bce di Mario Draghi ha garantito assai bassi tassi che, penalizzando le banche, hanno favorito la ripresa e salvato la Repubblica nella gestione del debito pubblico il cui peso, altrimenti, sarebbe caduto fiscalmente drammaticamente sulle imprese e sulle famiglie italiane.

Il ritorno a politiche monetarie tradizionali sarà comunque con tassi proporzionati alla solidità dell’Euro. In Italia, per diminuire la pressione fiscale, si deve ridurre il debito pubblico. Il peso maggiore della crisi l’hanno sostenuto le banche, compresse dalla crisi, da tassi infimi e da norme in continuo mutamento, talvolta anche da eccessi di burocratizzazione che non servono all’Europa. La scelta strategica deve essere di partecipare maggiormente all’Unione Europea impegnando di più l’Italia nelle responsabilità comuni, anche con un portafoglio economico nella prossima Commissione Europea. Altrimenti l’economia italiana potrebbe finire nei gorghi di un nazionalismo mediterraneo molto simile a quelli sudamericani. In questa primavera, in Argentina, il tasso di sconto ha perfino raggiunto il 40%. Con la lira italiana, negli anni Ottanta, il tasso di sconto fu anche del 19%. Occorre una nuova spinta per un’Unione bancaria con regole identiche, con Testi unici di diritto bancario, finanziario, fallimentare e penale dell’economia e con coerenza fra regole contabili e prudenziali. Occorre superare le contraddizioni a cui sono soggette le banche che debbono operare come banche d’Europa, con la Vigilanza unica, e contemporaneamente come banche con ancora nazionali e diversi diritti bancari, finanziari, fallimentari, penali dell’economia e soggette alla concorrenza dei diritti tributari.

La concorrenza in Europa si basa molto anche sulla produttività della giustizia civile. La concorrenza è indispensabile e necessita di regole identiche in Europa, con uguali punti di partenza, altrimenti diviene conflitto. Questi testi unici sono molto urgenti e possono anche favorire la riduzione e la condivisione dei rischi per la realizzazione del “terzo pilastro”. Le regole per la solidità delle banche debbono essere inserite in una maggiore stabilità e certezza del diritto, anche prospettica, debbono essere frutto di preventive convergenze fra le diverse Istituzioni e Autorità europee e debbono rappresentare equi presidi per prevenire ogni rischio e non complicare i fattori di ripresa dello sviluppo e dell’occupazione che debbono essere la stella polare dell’Unione Europea.

La revisione della Direttiva su risanamento e risoluzione delle banche (BRRD) deve correggerne gli errori, innanzitutto per aumentare le tutele per i risparmiatori, anche in applicazione dell’articolo 47 della Costituzione italiana.

Il MREL, requisito minimo di fondi propri e di passività utilizzabili in casi di crisi bancarie, deve essere equilibrato e coordinato con l’analogo requisito internazionale (TLAC), senza penalizzazioni per le banche europee che si rifletterebbero sull’economia tutta.

L’Europa vince tutta insieme come quando riduce gli assorbimenti patrimoniali a fronte dei prestiti a diverse categorie di imprese e realizza i bonifici istantanei che consentono, in massimi dieci secondi, di trasferire denaro tracciato nell’area unica dei pagamenti in Euro.

Apprezziamo le recenti scelte del Parlamento Europeo sui requisiti patrimoniali delle banche, fra cui i trattamenti meno gravosi per i finanziamenti alle piccole e medie imprese, per l’edilizia residenziale, per i prestiti garantiti da cessione del quinto, per la possibilità di dedurre dal capitale taluni investimenti in nuove tecnologie. Chiediamo che il Trilogo confermi presto queste scelte.

Esprimiamo apprezzamento al Presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, al Presidente della Commissione economica, Roberto Gualtieri e a tutti coloro che sono impegnati per un’equilibrata Unione bancaria. Il realismo e il metodo della ragione debbono evitare di inasprire i conflitti nell’Europa e nell’Occidente che crescerebbero se venisse imposto un assorbimento patrimoniale sulle banche per il possesso di titoli pubblici che sono riserve di liquidità bancaria.

I conflitti fra gli Stati su questi campi, prima delle banche, metterebbero in difficoltà gli Stati che hanno più debiti. Apprezziamo che il “Comitato di Basilea” non sia intervenuto sui titoli pubblici. L’Unione Europea deve essere più coordinata: le varie Istituzioni e Autorità non debbono sovrapporre normative come per gli NPL. I numeri dei “tetti” dei crediti deteriorati debbono essere motivati in modo trasparente, specificando le logiche che li esprimono, e non debbono soffocare la ripresa. L’Unione Europea è una e le fonti normative non possono essere disordinate. La certezza, l’univocità, la proporzionalità e la semplificazione del diritto devono essere garantite anche in una complessa fase di passaggio come quella che sta vivendo l’Unione bancaria che è la più avanzata integrazione d’Europa. Le crisi bancarie si sono sviluppate in Italia più tardi rispetto al resto dell’Occidente e sono state affrontate, il più delle volte, con le nuove regole dell’Unione Bancaria nata il 4 Novembre 2014, purtroppo senza norme transitorie. La relazione del 12 dicembre 2017 del Direttore della Vigilanza della Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, alla Commissione parlamentare d’Inchiesta sulle crisi bancarie, ha chiarito i limiti del passaggio dalla sovranità nazionale nel diritto bancario, all’Unione bancaria europea. Quei limiti sono stati gravidi di conseguenze per le altre banche italiane che hanno dovuto sostenere i forzosi costi miliardari per le risoluzioni, più gravose degli interventi predisposti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Il mondo bancario italiano, con Atlante e col nuovo Ramo Volontario del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, ha subìto altri esborsi miliardari per prevenire ancora più gravi crisi. La Repubblica è intervenuta in concorso in due salvataggi e con una nazionalizzazione, con un esborso complessivo fra i minori in Europa. Le crisi bancarie in Italia hanno riguardato undici società. Le Banche di Credito Cooperativo hanno fatto fronte ai problemi del loro mondo. Le crisi bancarie hanno stimolato un clima spesso giacobino e pesato sulla fiducia che è premessa di sviluppo. Con Raffaele Mattioli siamo convinti che chi tutela i risparmiatori, tutela la banca. L’Unione bancaria deve consentire ai sistemi nazionali di garanzia dei depositi di poter effettuare interventi preventivi per banche in crisi, per evitare danni maggiori.

Per voltare definitivamente pagina, occorre sia fatta definitiva luce sulle responsabilità nelle crisi bancarie. Le banche sane sono moralmente parte civile, avendo subito i danni dalle crisi bancarie altrui. Abbiamo grande rispetto per la Magistratura e attendiamo, il più presto possibile, le conclusioni dei processi. Siamo per la trasparenza sempre: perciò siamo stati favorevoli anche all’istituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie, pur consapevoli dei suoi limiti innanzitutto temporali. Con indipendenza culturale e metodologica e lontananza dai conflitti politici, abbiamo approfondito i documenti resi noti dalla Commissione d’Inchiesta.

Ci confrontiamo in modo razionale con ogni proposta, come quelle uscite dalla Commissione, innanzitutto col documento finale, per evitare il ripetersi di crisi bancarie che vi sono state anche nei decenni precedenti, ma affrontate non in una fase di passaggio dal diritto italiano a quello europeo. Le cause delle crisi, da combattere giorno per giorno, sono innanzitutto azzardo morale, conflitti d’interesse, carenze di sana e prudente gestione, di trasparenza e nei controlli interni, interferenze politiche, carenze di coordinamento fra pubbliche Autorità europee e nazionali. La Mifid 2 e i tanto da noi sollecitati KID vanno applicati sempre in pieno. Dieci anni di crisi hanno prodotto anche disagio sociale, minori speranze e fiducia. Bisogna indirizzare ogni energia alla ricostruzione morale ed economica, per lo sviluppo, la prosperità e la sicurezza sociale. Le crisi bancarie debbono essere prevenute, ma talune pratiche prudenziali, come gli stress test, non debbono favorire le crisi. Le crisi insegnano che l’autonomia delle Autorità di Vigilanza, nei confini delle leggi, è fra le principali garanzie a tutela delle imprese bancarie: la dialettica fra libertà d’impresa bancaria e Vigilanza pubblica è un equilibrio importante e complesso.

L’Italia deve anche ammodernare le sue spesso vetuste normative, allineandole ai migliori standard europei. Negli ultimi anni l’Italia ha compiuto passi avanti nelle regole del mercato. In autunno è stata approvata la riforma del diritto fallimentare del 1942: sollecitiamo l’emanazione dei relativi decreti delegati. La fine della legislatura non ha permesso l’approvazione della riforma della giustizia civile che è prioritaria. Anche sulla giustizia civile, negli ultimi anni, sono stati comunque fatti passi in avanti come con il nuovo processo civile telematico e con le prassi indicate dal CSM per la gestione delle procedure esecutive nei Tribunali. I risultati iniziano a vedersi: si riducono le cause civili su “contratti bancari”, l’arretrato e i tempi della giustizia civile. Finché l’Unione Europea non avrà gli auspicati Testi unici, la Repubblica deve impegnarsi per ammodernare le proprie normative sul funzionamento del mercato. Finché gli Stati competono anche per efficienza ed efficacia delle singole normative nazionali, l’Italia deve fare ogni sforzo di ammodernamento per incoraggiare la correttezza, l’efficienza e l’economicità dei fattori produttivi.

Utili sono le Garanzie per la cartolarizzazione dei crediti deteriorati (GACS), il “Patto marciano”, con l’intesa ABI-Confindustria per la sua applicazione, e il pegno mobiliare non possessorio (che necessita di decreto attuativo). L’ABI collabora pienamente a ogni iniziativa sociale come le proroghe dei finanziamenti (moratorie), l’Anticipo pensionistico (APE) e i tanti accordi con le Associazioni delle altre imprese, dei Consumatori e con i Sindacati per lo sviluppo e l’occupazione, per le zone terremotate e per il Mezzogiorno.

Positive sono le esperienze di sostegno fiscale (i PIR) per i risparmi indirizzati ad investimenti produttivi: queste misure vanno ampliate anche a favore dello stabile azionariato bancario, premessa di complessiva solidità e sviluppo. Auspichiamo si completi rapidamente la revisione dei limiti per le emissioni di obbligazioni bancarie garantite, avviata recentemente dalla Banca d’Italia.

Le Banche, consapevoli della funzione sociale del profitto, non debbono essere ostacolate nella ripresa della redditività, indispensabile per un nuovo ciclo virtuoso, per sempre cospicui accantonamenti, un’adeguata redditività per gli azionisti, giusti incentivi per chi li merita nel lavoro bancario.

Alle innovazioni bancarie internazionali ed europee si sono aggiunte quelle dell’Italia che lungamente aveva vissuto con leggi dirigiste. Sul fondamento del Testo Unico Bancario del 1993, le banche sono imprese, non si deve tornare indietro, ma proseguire in analogia con le migliori pratiche europee ed occidentali. La crisi e le tecnologie hanno rivoluzionato e continueranno a mutare il mercato bancario: rimane la necessità che la concorrenza venga tutelata anche nei mercati meno popolosi. Il ruolo sociale delle banche non va visto solo quando vengono chiusi gli sportelli e se ne sente la mancanza. La riduzione del numero delle banche deve essere selezione di mercato.

Importanti sono le sinergie nei gruppi bancari o in società di prodotti e servizi.

Ora l’IVA di gruppo favorisce le sinergie. Non si debbono attendere le crisi, ma prevenirle quando non vi siano prospettive di sana e prudente gestione bancaria. Occorre ricordarsi dei diritti e degli interessi legittimi degli azionisti bancari non solo nei casi di crisi.

In Italia sono avvenuti i più forti cambiamenti d’Europa. Con oltre sessanta milioni di abitanti, a breve l’Italia avrà solo un centinaio di gruppi bancari e banche indipendenti.

A dicembre 2017 l’Italia ha visto ridurre a circa 27mila il numero di sportelli bancari, con tendenza a ulteriori diminuzioni, mentre crescono, con varie denominazioni, gli uffici finanziari.

I canali distributivi sono sempre più concorrenti per le libere e responsabili scelte di risparmiatori e investitori.

Di fronte alle crisi bancarie e per la ripresa, abbiamo contribuito a realizzare e abbiamo apprezzato il rispetto reciproco e la costruttività, nella dialettica, dei rapporti con i Sindacati, definendo insieme i percorsi delle ristrutturazioni basati sempre su scelte volontarie, rifiutando l’indifferenza sociale.

La costruttività è stata, è e dovrà essere un valore di fronte ai nuovi modelli di banca e in vista del nuovo Contratto Nazionale di Lavoro che dovrà incoraggiare l’efficienza e l’economicità per favorire la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione, cogliendo ogni aspetto innovativo, guardando innanzi con lungimiranza.

L’accordo dell’8 febbraio 2017 contro le indebite pressioni commerciali è una scelta d’avanguardia del mondo bancario italiano e va applicato appieno sempre.

Il costante rispetto delle regole, la lealtà nei confronti di tutti, la collaborazione con le Istituzioni, l’impegno per l’educazione finanziaria e al risparmio, la trasparenza come valore, sono presupposti per lo sviluppo.

L’ABI sta realizzando la propria più importante riforma, con accentuazione anche statutaria delle finalità e riorganizzazione imperniata su Roma, sede centrale, e sulle sedi di Milano e Bruxelles, con continui risparmi e riduzioni di quote per gli associati, con spirito di austerità e funzionalità. L’ABI è sempre più centro di iniziative, in coordinamento con la Federazione Bancaria Europea, la Federazione Banche, Assicurazioni e Finanza, la Fondazione per l’educazione finanziaria, in stretto confronto con gli organismi di rappresentanza delle altre imprese. In pochi mesi deve essere concretizzato il piano strategico di ABI. Il 2019 sarà il centenario della nascita dell’ABI, avvenuta a Milano nel 1919 con “finalità d’ordine morale e materiale …per lo studio delle questioni generali e particolari che interessano le banche, la diffusione della conoscenza nel pubblico a mezzo della stampa dell’ausilio dato dalla Banca allo sviluppo dell’economia nazionale, la partecipazione ai lavori preparatori delle leggi che interessano la Banca…”. Sempre attuali sono i moniti proprio di allora di Luigi Einaudi a non attenuare la concorrenza interbancaria e a tenere separate le banche dagli interessi delle altre imprese. Il prossimo anno terremo l’Assemblea dell’ABI a Milano, nel centenario, e ricorderemo anche i settantacinque anni dalla Resistenza che ebbe proprio a Milano il centro dei finanziamenti favoriti da diverse banche e che vide un banchiere, Alfredo Pizzoni, guidare il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia.

 

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