Axa IM. I capisaldi della politica monetaria della Bce: dal QE alla guidance 2.0

Il Presidente della Bce, Mario Draghi durante la conferenza stampa seguita alle decisioni di politica monetaria adottate nella riunione a Riga

Il Presidente della Bce, Mario Draghi durante la conferenza stampa seguita alle decisioni di politica monetaria adottate nella riunione a Riga

La strategia di politica monetaria della Bce si muove essenzialmente su due dimensioni: gli acquisti di titoli (APP) e la “forward guidance”. Se, da un lato, l’acquisto di obbligazioni è uno strumento lineare e di facile comprensione, dall’altro la guidance è uno strumento molto più fine e sottile, che si presta a svariate interpretazioni. La Bce stessa definisce la guidance come una “informazione sul futuro della politica monetaria, basata sulla valutazione degli scenari per la stabilità dei prezzi”. In seguito all’ultima riunione del direttorio della Bce, Mario Draghi ha annunciato uno spostamento del focus di politica monetaria, dall’APP alla guidance. Gli acquisti verranno ridotti da 30 miliardi di euro al mese a 15 miliardi al mese da ottobre a dicembre 2018. Per quanto riguarda i tassi d’interesse, l’aspettativa della Bce stessa è che rimangano al livello attuale “almeno fino alla fine dell’estate 2019”. Ovviamente, i tassi potrebbero restare invariati anche più a lungo se le prospettive per la stabilità dei prezzi lo richiedessero. Le ragioni per questo cambiamento sono in prevalenza di natura macroeconomica, ma potrebbero anche riflettere un preciso orientamento politico piuttosto che difficoltà tecniche nell’implementazione del programma di acquisti stesso. In ogni caso, i mercati hanno prontamente reagito a questo nuovo bilanciamento della strategia di Francoforte, sia sul fronte dei tassi d’interesse, sia su quello dei cambi. Prima della riunione il mercato scontava un rialzo di 25 punti base entro il quarto trimestre del 2019, mentre questa aspettativa si è spostata addirittura alla seconda metà del 2020. Stessa storia per il cambio euro-dollaro, che è sceso da 1,178 a 1,157 nel giro di poche sedute, spinto anche dalle recenti opinioni di Ewald Nowotny (Governatore della Banca centrale austriaca). Dove condurrà il nuovo sentiero intrapreso da Draghi non ci è dato saperlo. Possiamo però ragionare sulle condizioni necessarie per una normalizzazione della politica monetaria dell’eurozona. In pratica si tratta di tre condizioni riguardanti l’inflazione:

Convergenza verso il target del 2%; fiducia nella convergenza; resilienza della convergenza, anche dopo la fine del programma di acquisiti.

Stando alle informazioni ricevute durante la conferenza stampa di Mario Draghi, parrebbe esserci un forte consenso sulla convergenza e sulla resilienza, mentre la seconda condizione è più incerta. In particolare, desta ancora preoccupazione l’inflazione sottostante (core HICP), che negli ultimi cinque anni è cresciuta in media dello 0,9%. Per questo, l’attuale strategia monetaria viene accompagnata da “pazienza, persistenza e prudenza” (PPP), onde evitare errori di timing come, per esempio, il 2011. La forchetta tra Federal Reserve e Bce è, quindi, destinata ad ampliarsi ancora, dagli attuali 200 punti base fino a toccare i 300 punti base (se non addirittura i 350) nel corso dei prossimi 12-18 mesi. A mio avviso, la valvola di sfogo primaria di questa asincronia di politica monetaria sarà il cambio euro-dollaro. In aggiunta al costo di hedging – quindi al carry negativo riscontrato su posizioni corte dollaro americano va fatta un’ulteriore considerazione. A fine ciclo, poniamo tra 2-3 anni come suggerito dal mio collega Chris Iggo quale banca centrale avrà abbastanza munizioni per reagire in maniera anticiclica? La Fed con i tassi probabilmente intorno al 3% e un bilancio molto più snello, oppure la Bce con i tassi negativi e un bilancio ai massimi livelli di sempre? E quindi la domanda è: in quale valuta preferisco avere una esposizione al rischio nel caso di una correzione del ciclo? L’apprezzamento del biglietto verde (+3,3% da inizio anno sull’indice DXY) riflette sicuramente anche queste tematiche di medio-lungo periodo

Alessandro Tentori, CIO AXA Investment Managers Italia

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