Dorval AM. Scenario macro e mercati. L’analisi mensile di Francoise Xavier Chauchat

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump

Ignorare la sbruffoneria di Trump è stata la strategia giusta dalla sua elezione a oggi. Gli investitori hanno stabilito, a ragione, che la politica potenzialmente imprevedibile di Washington non impedirà all’incipiente ripresa economica di prendere forma. Dovranno ricredersi? I potenziali danni delle recenti misure protezioniste, comprese quelle relative a 60 miliardi di dollari di importazioni cinesi, sembrano modesti per un commercio mondiale di 18 miliardi di dollari. Inoltre, la maggioranza dei paesi è ora esente dai diritti di dogana su acciaio e alluminio. Infine, la Cina ha i mezzi per contrastare l’America, e gran parte delle aziende a stelle e strisce è naturalmente favorevole alla globalizzazione. La politica muscolare di Washington nei confronti della Cina gode tuttavia di un discreto sostegno alla vigilia delle elezioni di metà mandato di novembre 2018. Per tale motivo, i mercati finanziari potrebbero integrare il «premio di rischio Trump» ancora per qualche mese.

Restiamo convinti che il recente calo delle borse mondiali è innanzitutto il riflesso dell’ottimismo degli investitori a inizio anno e dello scarso margine di miglioramento di fondamentali già molto solidi. È quella che abbiamo definito “asimmetria negativa”. Si è trattato di un ciclo classico iniziato con un periodo di euforia in gennaio seguito dalla comparsa dell’inquietudine in febbraio. La capitolazione, ultima tappa del processo correttivo, è già in corso? Non possiamo saperlo con certezza, ma notiamo che al momento gli indicatori di avversione al rischio si attestano nella zona di “paura”, una situazione inusuale in un periodo di prosperità economica e di tassi di interesse modesti.

Il ritorno della paura non significa che abbiamo un’occasione storica di comprare azioni. Anche dopo la correzione, il P/E medio dei titoli non finanziari è compreso fra 16 e 17 sia negli Stati Uniti che in Europa. Tale valutazione ci sembra giustificata da una crescita mondiale stabile di circa il 4%, con tassi di interesse leggermente in rialzo ma ancora molto bassi. Malgrado la volatilità recente dei dati di attività e inflazione, vediamo pochi rischi per la crescita e quindi per gli utili aziendali. Anche se il risultato delle elezioni in Italia non è stato positivo, prevediamo una prosecuzione della reflazione interna e un’ulteriore diminuzione dei crediti inesigibili in Europa Meridionale, che dovrebbe aiutare le banche.

La principale fonte di dispersione dei benefici della crescita resta la digitalizzazione. Dalla nascita dell’IPhone nel 2007, i giganti della new economy hanno visto un balzo delle vendite del 20% annuo, contro l’1,3% dell’MSCI World. Con la web tax allo studio a Bruxelles, le azioni contro Facebook e i commenti negativi di Trump su Amazon, si profila qualche nube all’orizzonte. Ciò alimenta la volatilità, ma non prelude alla fine della iper redditività dei campioni del digitale. Gli investitori hanno però puntato molto su questo tema, con il conseguente aumento dei rischi di mercato. In conclusione, a fronte del minore ottimismo degli investitori, di corsi azionari un po’ meno elevati e di valutazioni obbligazionarie che sconta.

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