L’Abi si si appella all’Europa: troppe regole soffocano il credito con il rischio di poter frenare lo slancio della crescita

Antonio Patuelli presidente dell'Abi

Antonio Patuelli presidente dell’Abi

L’eccesso di regolamentazione delle Autorità di vigilanza, ponendo nuovi oneri e maggiori vincoli all’operatività delle banche possono generare una restrizione creditizia, che potrebbe frenare la ripresa dell’economia in Europa e, quindi anche in Italia, esponendola al rischio di una ricaduta in recessione. A lanciare l’allarme su uno scenario al momento ipotetico ma da non sottovalutare stando alle molteplici riforme delle regole bancarie europee in arrivo è stato Giovanni Sabatini, direttore generale dell`Associazione Bancaria Italiana (Abi) nel corso del seminario svolto il 17 e 18 novembre a Ravenna a cui www.finanzalternativa.it ha preso parte. “Mentre negli Stati Uniti – spiega Sabatini – in forza di una precisa richiesta del Presidente Donald Trump si sta lavorando per semplificare senza smantellarla la regolamentazione vigente (varata dopo il 2008-09, cioè all’indomani dello scoppio della crisi finanziaria, la più grave dopo quella di Wall Street del 1929 che ha colpito tutto il mondo) per favorire la crescita economica, ma senza perdere di vista la necessità di preservare la stabilità finanziaria, nell’Eurozona, al contrario, l’overdose di norme emanate o in corso di emanazione da parte delle diverse autorità regolatorie e di vigilanza (Eba, Bce, Commissione Ue eccetera) persegue in modo ossessivo l’obiettivo della stabilità ma non sembra tenere in adeguata considerazione quello della crescita economica ”. E, per dimostrare che non si tratta di esagerazioni o di una difesa corporativa delle banche, Sabatini (che è anche rappresentante del Comitato direttivo della Federazione Bancaria Europea) cita gli esempi più recenti di norme che hanno suscitato reazioni e polemiche a non finire: l’Addendum alle linee guida del Consiglio di vigilanza del Meccanismo di supervisione unico della Bce sulla copertura dei nuovi crediti deteriorati che dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio 2018 e sul quale è intervenuto di recente perfino il Parlamento europeo e Basilea 4 (il documento tecnico è stato approvato dall’omonimo Comitato e dovrebbe essere ratificato l’8 gennaio 2018 in occasione della riunione plenaria dei Governatori delle Banche centrali dei maggiori Paesi industrializzati del mondo)  che comporterà integrazioni e modifiche ai regolamenti e alle Direttive UE in materia di requisiti di capitale e risoluzione delle banche europee (CRR, CRDIV, BRRD e Meccanismo unico di risoluzione). “Dal momento che le nuove norme potrebbero comportare l’assorbimento di nuovo capitale – aggiunge dal canto suo il Presidente dell’Abi Antonio Patuelli – per potersi adeguare ai requisiti di capitale, di liquidità e di leva richiesti da Basilea 4 o, ad esempio, dall’integrazione delle linee guida della vigilanza della Bce per garantire i nuovi crediti deteriorati che non lo fossero e non lo fossero adeguatamente, temiamo che potrebbero esserci delle ripercussioni sui volumi di credito erogati dalle banche e dagli altri intermediari finanziari all`economia e, dunque, sul finanziamento delle famiglie e delle imprese. Si determinerebbe così – aggiunge Patuelli, che è presidente del Gruppo Banca di risparmio di Ravenna –   una restrizione creditizia, che è proprio ciò che non ci vorrebbe in questa fase temporale che vede  la ripresa economica nell’area dell’euro e, più in generale in Europa, in decisa accelerazione, al punto che tutti i principali organismi economici e di studi (Fmi, Commissione UE, Bce, Consensus, Centro studi Confindustria, Centro studi Abi) stanno continuamente aggiornando al rialzo le proprie stime sull’andamento del Pil sia per l’anno che sta per concludersi, sia per il biennio 2018-19.

Un’avvertenza che ci riguarda proprio da vicino. “L’Italia è in espansione – ricorda  Gianfranco Torriero,  responsabile del centro studi Abi – sostenuta dalle esportazioni e dagli investimenti per quanto restino inferiori al 25% circa rispetto al livello pre-crisi. E i prestiti bancari (+ 1,1 a giugno) con le macro aree Centro (+ 1,8%) e Mezzogiorno (+1,5%), avanti a tutte le altre, erogati a tassi di interesse tra i più bassi d’Europa (1,39% quello medio sui finanziamenti erogati alle imprese a settembre) riflettono il progressivo miglioramento dell’economia domestica favorita anche dalle misure di politica monetaria della Bce”. A settembre i prestiti alle famiglie sono cresciuti del 2,6%, trainati dai mutui per l’acquisto di abitazioni (il 78,8% delle compravendite immobiliari è finanziato dal mutuo nel terzo trimestre dell’anno rispetto al 55% del secondo trimestre) mentre quelli alle imprese si sono collocati su livelli inferiori (pari a zero a settembre) perché avendo a disposizione maggiori risorse finanziarie proprie (82,9 miliardi di euro di surplus nel triennio 2014 – 16 dati cumulativi rilevati presso 2065 società) hanno potuto fare minore ricorso al credito bancario.

Pur dovendo accantonare capitale a garanzia dei prestiti per adempiere agli obblighi del nuovo quadro regolamentare, gestire le sofferenze, procedere alle ricapitalizzazioni quando è stato necessario e concorrere al salvataggio di istituti in crisi (si pensi al Fondo interbancario di garanzia dei depositi e al Consorzio Atlante), e investire nelle nuove tecnologie, le banche hanno continuato a fare la loro parte per sostenere la ripresa economica erogando ingenti volumi di credito (1830 miliardi di euro di impieghi il dato di Banca d’Italia a dicembre 2016, mentre a settembre 2017 l’Abi stima impieghi netti per 1791 miliari). “Abbiamo fatto molto, lo continueremo a fare, ma chiediamo anche che ci sia una coerenza tra le normative vigenti e quelle che verranno” insiste Patuelli. “Per questa ragione come Abi e Federazione bancaria europea – dice il presidente dell’Abi – abbiamo formulato una serie di proposte emendative: dal fattore di supporto per il credito alle PMI, ai finanziamenti garantiti dalla cessione del quinto dello stipendio o della pensione, per rendere meno onerosa l’applicazione delle nuove norme e non pregiudicare quanto di buono si è fatto per far tornare a sorridere l’economia europea e italiana”.

 

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