WisdomTree. Conto alla rovescia per il “taper tantrum” della Bce

Il Presidente della Bce, Mario Draghi

Il Presidente della Bce, Mario Draghi

Dimenticatevi della “reflazione”: il piano di uscita della Bce dal programma di allentamento quantitativo (QE) che Mario Draghi illustrerà oggi rappresenta un chiaro segnale che la ripresa economica dell’Eurozona è ormai ritenuta sempre più autosufficiente. Ciò potrebbe danneggiare il sentiment sui mercati obbligazionari ben prima delle pressioni inflazionistiche – sempre che queste ultime si concretizzino in misura rilevante. In assenza di rischi d’inflazione nel breve periodo, l’evento è potenzialmente molto ribassista per i mercati obbligazionari. Se anche Mario Draghi lasciasse solo presagire un ulteriore ridimensionamento futuro del QE, ciò potrebbe ripercuotersi negativamente sui mercati obbligazionari ben al di là dell’annuncio medesimo. Non è necessario che la Bce quantifichi la riduzione degli stimoli. Basti pensare a quando l’ex Presidente della Fed, Ben Bernanke, nel 2013, dichiarò che la Fed avrebbe potuto “fare un passo indietro” per quanto riguardava gli acquisti di titoli obbligazionari: il danno arrecato ai mercati obbligazionari si manifestò ben prima che i tagli agli acquisti dei titoli di Stato, pari a 10 miliardi di USD al mese, venissero annunciati proprio quello stesso anno, nel dicembre del 2013. I rendimenti dei Treasury decennali USA subirono un’impennata, salendo, in tre mesi, di oltre 100pb, per poi toccare un picco vicino al 3%, prima di stabilizzarsi attorno a 20pb in meno. Il “taper tantrum” rappresenta un riferimento perfettamente calzante di come – dopo la riunione della Bce del 26 ottobre- il sentiment sui titoli dell’Eurozona considerati un “porto sicuro” potrebbe guastarsi. Il “taper tantrum” della Bce potrebbe creare un precedente per i titoli sovrani dell’Eurozona, considerati “sicuri”, destinandoli a soccombere allo stesso tipo di pressioni subite dai Treasury USA durante il taper tantrum della Fed nel 2013? A rischio in particolare i governativi tedeschi che, oltre a rappresentare quasi un quarto dei 1.800.000 miliardi di euro indirizzati all’acquisto di Schatz, Bobl e Bund, restano, anche in questa fase di consolidamento dei fondamentali macro-economici dell’Eurozona, straordinariamente dispendiosi. I Bund decennali tedeschi, quest’anno hanno mostrato volatilità e seguito un andamento laterale. L’irregolarità dei rendimenti indica che il mercato indubbiamente più affollato dell’Eurozona non ha ancora accettato la natura temporanea del programma di QE della Bce. Ad esempio, il rendimento del Bund decennale tedesco è uscito dal territorio negativo solo nell’ottobre del 2016 e, poiché quest’anno ha fluttuato tra i 30 e i 40pb circa, gli investitori appaiono sconfortati. Dopo la fine del QE, i prezzi al consumo dovrebbero inquadrarsi in un contesto di rafforzamento della domanda interna di tipo strutturale, spinti dall’agenda di riforme pro-crescita della Francia che estenderà la ripresa del mercato del lavoro dell’Eurozona al di là dei confini tedeschi per un paio d’anni. Questo fattore – in contrasto agli shock ciclici e sporadici dovuti alla debolezza dell’euro e alla notevole volatilità dei prezzi del greggio che provocano delle pressioni sui costi delle importazioni e impennate di breve durata dell’indice dei prezzi al consumo – costituisce il vero rischio per i mercati obbligazionari europei nel lungo periodo. Il ridimensionamento del QE ne è un preludio. La stabile ripresa dei dati sull’inflazione in Germania e nell’Eurozona, già palesemente superiori ai rendimenti obbligazionari high-grade di lungo termine, indica che la recente attività di trading nel segmento è sempre più speculativa, con investitori che sfruttano l’aumento dei prezzi o la riduzione degli spread. Quest’ultima categoria, a differenza degli investitori strategici che ricercano reddito positivo reale, potrebbe essere la prima a gettare la spugna nel caso in cui la Bce avviasse il tapering. Gli investimenti nel reddito fisso high-grade europeo, dal lancio del QE avvenuto nel marzo del 2015, appaiono oggi particolarmente esposti e vulnerabili all’eventualità di un rialzo dei tassi. Venendo meno il supporto artificiale dato alle obbligazioni aziendali e sovrane high-grade dell’Eurozona dal QE della Bce, i prezzi sui mercati obbligazionari riprenderanno a girare attorno a fondamentali economici più forti. Potrebbe essere ragionevole coprire i portafogli obbligazionari che hanno quale benchmark l’esposizione sull’high-grade europeo.

Viktor Nossek, Director of Research, WisdomTree in Europe

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