Draghi estende il QE a tutto il 2017, da Italia nessun rischio per l’euro

Il Presidente della Bce Mario Draghi è uno dei banchieri centrali tra i più attivi nel QE.

Il Presidente della Bce Mario Draghi è uno dei banchieri centrali tra i più attivi nel QE.

La Bce a guida Mario Draghi ha deciso di estendere di altri nove mesi il quantitative easing (Qe), il piano di acquisti di titoli pubblici e privati messo in campo per smuovere crescita e inflazione, ma a partire dal prossimo aprile il volume degli acquisti scenderà dagli attuali 80 a 60 miliardi al mese, sufficienti, secondo l’Eurotower, per mantenere il “consistente livello di stimolo monetario” ancora necessario all’area dell’euro malgrado i rischi di deflazione, ormai scomparsa. Contemporaneamente, Draghi ha rassicurato i mercati, spiegando che dalla situazione di incertezza in Italia, dopo l’esito del voto referendario e le dimissioni di Matteo Renzi, ma anche dalle difficoltà del sistema bancario italiano, non possono derivare problemi di contagio per l’area poiché la situazione, macroeconomica e di resilienza degli istituti di credito, è oggi diversa. Le vulnerabilità italiane “sono di lunga data”, ha ricordato Draghi, aggiungendo di essere “fiducioso” del fatto che il nuovo Governo saprà affrontarle e risolverle. Draghi ha più volte ribadito, durante la conferenza stampa, che “non c’è alcun ‘tapering’”, e cioè la riduzione graduale dell’accomodamento monetario, nel futuro dell’Eurozona, che durante l’incontro non se n’è mai neppure parlato e che la Bce continuerà a essere “molto presente” sul mercato, mantenendo “una mano ferma” a favore di crescita e occupazione a fronte di “incertezze politiche” sempre molto dominanti sullo scenario globale. Per garantire un funzionamento senza problemi del Qe fino alla nuova scadenza di dicembre 2017, la Bce ha anche modificato alcuni parametri del piano, abbassando la vita residua dei titoli pubblici acquistabili da due a un anno e, ammettendo all’acquisto, laddove necessario, anche titoli con rendimenti inferiori al tasso sui depositi (-0,40%), il che potrebbe comportare delle perdite per il bilancio dell’Eurosistema ma, ha precisato Draghi, “il nostro mandato è relativo alla stabilità dei prezzi non alla massimizzazione dei profitti”. Inoltre, c’è la promessa di una possibile, nuova modifica di durata e volume degli acquisti se l’outlook complessivo dovesse peggiorare o se le condizioni finanziarie dovessero mettere in pericolo il raggiungimento dell’obiettivo di stabilità dei prezzi, un tasso di inflazione vicino ma inferiore al 2%, nel medio termine. Intanto, le stime su crescita e inflazione sono state cambiate marginalmente rispetto a settembre e prevedono per il 2019 un’inflazione dell’1,7%, ancora inferiore ma non troppo all’obiettivo. Sulla crescita Draghi è stato particolarmente incoraggiante, parlando di una ripresa che continua e “si sta rafforzando” nell’area dell’euro così come a livello globale anche se ci saranno sicuramente conseguenze, nel lungo termine, dall’elevato livello di incertezza politica, anche in vista degli importanti appuntamenti elettorali del 2017 (Francia, Germania e anche Italia, con tutta probabilità). I mercati, tuttavia, hanno reagito, a dispetto di tutte le Cassandre, con resistenza agli shock subiti finora (Brexit, elezioni Usa e caduta Governo in Italia). In ogni caso, la raccomandazione ai Governi che devono fare le riforme strutturali, compresa l’Italia, è di farle “a prescindere dalle incertezze politiche”.

 

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