Nella Trans- Pacific Partnership c’è posto anche per le imprese italiane. Intervista con l’economista Michele Geraci

Professore di Finanza alla Business School dell’Università di Nottingham e all’Università di Zhejiang, Michele Geraci è anche responsabile del Programma dell’Istituto di Politica dell’Università di Zhejiang.

Professore di Finanza alla Business School dell’Università di Nottingham e all’Università di Zhejiang, Michele Geraci è anche responsabile del Programma dell’Istituto di Politica dell’Università di Zhejiang.

“Il recente accordo sulla Trans Pacific Partnership (TPP) firmato dai dodici Paesi che si affacciano sul Pacifico e che comprende gli Stati Uniti, viene decantato come una vittoria geopolitica degli Stati Uniti e del Presidente Barak Obama e una sconfitta per la Cina, esclusa da questi accordi. Questo perché si pensa che il TPP sia un po’ come l’Unione Europea, un area di “quasi” libero commercio, senza dazi, quote e altro, con regole ben precise per chi, da esterno, volesse intrattenere relazioni commerciali con ciascuno dei paesi firmatari. Invece no”. Michele Geraci, professore di Finanza all’Università di Zhejiang e responsabile del Programma cinese di politica economica in questa intervista illustra il valore della nuova area per l’interscambio commerciale tra i Paesi del Pacifico e le possibili ricadute per l’Europa e l’Italia.  

Perché?

“Perché qui non c’è Bruxelles che mette regole e paletti. Ognuno dei dodici Paesi sarà libero di firmare accordi commerciali bilaterali con qualsiasi altro Paese del mondo e quindi dell’Europa. Credo, quindi, che il TPP non recherà danno a nessun Paese, anzi, se mai, porterà vantaggi e notevoli”.

Quali sono adesso le tappe del TPP?

“Il TPP per ora è più un accordo formale che reale e dovrà passare le forche caudine del Senato degli Stati Uniti dove i repubblicani – in odore di Casa Bianca – faranno di tutto per fare in modo che il tutto non venga interpretato come una vittoria di Obama. Un po’ come da noi, ogni partito metterà i propri interessi davanti a quelli della nazione. In secondo luogo, esistono poi diverse difficoltà pratiche nell’implementazione degli accordi tra i dodici Paesi; accordi che comprendono svariate – e non rese pubbliche – regole su vari temi sensibili: la protezione dell’ambiente, la protezione di diritti intellettuali e, tema ancora più controverso, paghe minime e condizioni di lavoratori dei vari Paesi. Temo che questi nodi verranno al pettine ben presto, un po’ com’è successo nel caso dell’adesione al WTO (Organizzazione mondiale del commercio n. d. r.) della Cina stessa che ha promesso certe riforme, riforme che un po’ tardano ad arrivare. Ma il punto fondamentale è che l’accordo TPP non è esclusivo e non preclude a nessuno dei dodici Paesi di commerciare con i non firmatari, ci mancherebbe”.

Quindi sia con la Cina, sia con l’Occidente?

“Esattamente. Naturalmente va da sé che la Cina è il più grande partner commerciale di tutti i Paesi dell’area ed è normale che continuerà a commerciare con essi secondo le proprie regole. Ma il vantaggio principale per la Cina sarà nell’avere sulla porta di casa un gruppo di Paesi che proveranno a cambiare e a migliorare il loro modus operandi nelle aree citate che sono proprio quelle dove la Cina è indietro e vuole adeguarsi agli standard occidentali. Protezione dell’ambiente, protezione dei diritti IP, diritti dei lavoratori sono le tematiche che la Cina osserverà con attenzione, specialmente in alcuni Paesi del Sud-Est asiatico che fanno parte del TPP”.

E l’Europa con l’Italia, Paese che proprio quest’anno ha visto incrementarsi l’interscambio con la Cina, come potrebbe avvantaggiarsi delle opportunità offerte dalla Trans Pacific Partnership?

“L’Europa e le sue imprese possono giocare le loro chance nelle aree in qui la Cina è più indietro. Tra cui i diritti dei lavoratori, l’ambiente e IP Right. e imprese che volessero aumentare la propria visibilità agli occhi della Cina devono affrettarsi e piazzarsi tra Malaysia e Vietnam (la cooperazione economica con il Vietnam sarà rafforzata grazie al Piano d’azione concordato giovedì e venerdì scorsi da una Commissione mista in settori come infrastrutture, energia, industria e servizi che servirà a portare l’interscambio bilaterale tra Italia e Vietnam a 5 miliardi di dollari nel 2016 n. d. r.)”.

 

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