La Federale Reserve di fronte a un bivio

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Oggi la Federal Reserve si trova davanti a un dilemma, o meglio ancora, a un bivio. I policy makers si trovano tra due fuochi: alzare i tassi troppo presto, facendo sprofondare l’economia di nuovo in recessione, o mantenere le attuali politiche monetarie accomodanti troppo a lungo e, di conseguenza, dover poi affrontare il rischio di una recessione per riportare l’inflazione sotto controllo.

Gli economisti spesso si basano sul confronto tra il 1937, quando la Fed attuò una stretta di politica monetaria troppo presto, causando una contrazione dell’attività economica, e il 1966, quando ci fu un allentamento eccessivo, ponendo le basi per l’inflazione dei tardi anni ’60 e degli anni ’70

Quale di questi due rischi è maggiore oggi? L’economia è ancora fragile e vulnerabile a shock come nel 1937, o siamo in una situazione simile al 1966, vicini a un periodo di inflazione elevata? Innanzitutto va detto che nonostante l’utilità di tali raffronti storici, essi possono disegnare un quadro che esclude altri risultati possibili. Ad esempio, in questo caso sembra che ci troviamo davanti a due soli esiti possibili, con la Fed che cammina in equilibrio sul ‘filo’ della politica monetaria e, se cadesse, troverebbe scenari negativi da ambo le parti. In realtà, questi due risultati sono agli estremi e hanno molte possibilità nel mezzo

Oggi vediamo un contesto globale che è ancora relativamente deflazionistico, con una ‘square root recovery’ (cioe’ una ripresa in cui l’andamento della crescita economica segue la forma della radice quadrata, ndr), dove la crescita globale è ben al di sotto dei livelli pre-crisi. Tuttavia, all’interno di questo outlook gli Stati Uniti, e in certa misura il Regno Unito, hanno compiuto progressi considerevoli nel mettere in ordine i propri sistemi finanziari e i propri bilanci. Entrambi i Paesi stanno anche mostrando i primi segnali di una pressione inflazionistica. Per queste economie, la bilancia del rischio tende più verso un’inflazione elevata che verso una recessione. Le ragioni a favore di una normalizzazione dei tassi stanno aumentando: ci aspettiamo che la Fed rialzi i tassi a settembre e che la BoE la segua a febbraio dell’anno prossimo. Soprattutto Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, sembra muoversi in quella direzione a giudicare dalle sue ultime dichiarazioni rese di fronte al Congresso, dove ha fatto notare che ci sarebbero dei rischi per la Fed nel caso in cui intervenisse troppo presto o troppo tardi. Eppure, nelle altre parti del mondo i rischi tendono ancora verso una crescita globale debole, perciò la sfida per la Fed, e per la BoE, sarà di alzare i tassi a un livello più neutrale senza scatenare un apprezzamento significativo delle rispettive valute.

Keith Wade *

* Chief Economist and Strategist, Schroders

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