I prestiti? Solo a chi rispetta le regole. Parla Antonio Patuelli, Presidente dell’Abi

Antonio Patuelli, Presidente dell'Associazione bancaria italiana sostiene che le banche italiane escono rafforzate dopo gli stress test e l'AQR della Bce. Fonte: Ansa - Di Meo.

Antonio Patuelli, Presidente dell’Associazione bancaria italiana sostiene che le banche italiane escono rafforzate dopo gli stress test e l’AQR della Bce. Fonte: Ansa – Di Meo.

Come esce  il sistema creditizio italiano dal Comprehensive Assessment?

“Era basato su due prove. La prima era l’Asset Quality Review (AQR) sulla solidità delle banche e tutte le banche italiane hanno superato positivamente la prova. Quanto agli stress test, cioè alla capacità degli istituti di credito di poter resistere di fronte a scenari ipotetici molto avversi della congiuntura economica, solo due banche italiane non li hanno superati (Carige e MPS n. d. r.). A distanza di meno di due settimane dai risultati, tuttavia, tutte e due hanno deliberato dei piani di rafforzamento patrimoniali con risorse esclusivamente private. E questo mi sembra un grande risultato, non bisogna poi sottovalutare due aspetti. Anzitutto il fatto che queste prove propedeutiche alla nascita dell’Unione bancaria, hanno misurato banche che hanno vissuto con regole di legge e sostegni pubblici o meno totalmente diversi: in Italia lo Stato non ha regalato nemmeno un euro alle banche di casa nostra, a differenza di quanto hanno fatto tra gli altri in Europa Spagna e Germania. In conclusione si inizia una nuova fase nella quale ci dovranno essere regole identiche per tutti gli istituti di credito senza privilegi e differenziazioni per chiunque”.

Il 4 novembre è partita l’Unione bancaria con il Meccanismo di vigilanza unico (SSM). Quali sono le opportunità e i rischi?

“Le opportunità sono quelle di avere regole identiche, Noi abbiamo un’Unione economica, che ha generato un’Unione monetaria con una moneta unica, l’Euro, abbiamo l’Unione doganale, e adesso abbiamo la nascita dell’Unione bancaria. Cosa è successo in passato quando sono nate le Unioni. La prima è stata la Politica agricola comune (Pac), gli Stati nazionali hanno devoluto quella quota di sovranità agli organismi europei e non hanno sviluppato politiche nazionali di carattere agricolo, hanno codeciso a Bruxelles. Poi è nato l’Euro che è la moneta comune  degli Stati nazionali che fanno parte dell’Unione Economica e Monetaria europea (UEM). Questi Stati non hanno più le loro monete nazionali, ma codecidono soprattutto a Francoforte, dove ha sede la Banca Centrale Europea (BCE). Ora, una volta nata l’Unione bancaria, gli Stati nazionali che vi aderiscono non avranno più le politiche individuali nazionali di carattere legislativo e regolamentare sulle banche, ma gli organismi competenti che sono le Banche centrali nazionali, da noi la Banca d’Italia, concorreranno alle deliberazioni comuni in materia. Questo è un processo di grande importanza, che dovrà togliere questa situazione che abbiamo vissuto negli esami bancari delle ultime settimane, dove le banche italiane non hanno avuto alcun privilegio da parte del Parlamento italiano, mentre quelle di altri Paesi sì. Noi puntiamo ad avere regole identiche per un piano di concorrenza livellato senza favoritismi e senza penalizzazioni per alcun soggetto”.

I recenti stress test condotti dalla Bce, che hanno evidenziato la debolezza patrimoniale di alcuni istituti di credito, possono fare da innesco ad una nuova stagione di Risiko bancario? In Italia ci sono 650 banche. E’ auspicabile un processo di aggregazione?

“Guardi che quella della concentrazione è una questione di notevole rilevanza strategica in tutti i settori dell’economia e non solo in quello bancario. Il mondo bancario italiano da quando è entrato in vigore nel 1993 il Testo unico bancario (TUB) è il comparto che ha fatto più strada in termini di aggregazione e modernizzazione. Quindi non lo vedo proprio come un Risiko, lo vedo come un ragionamento di mercato come per qualsiasi altro settore. Poi sono le singole imprese bancarie con gli amministratori e le assemblee degli azionisti a compiere le scelte. Non c’è un soggetto che ha un Piano regolatore di acquisizioni, fusioni, incorporazioni che stabilisce chi deve “fidanzarsi” con chi. Ognuno si fidanza e si sposa con chi vuole sotto la vigilanza delle competenti autorità”.

Tassi ufficiali al minimo, nuove operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine, programmi di acquisto di obbligazioni bancarie garantite e di titoli emessi a fronte di prestiti a imprese e famiglie, con l’esplicito intento di raggiungere un duplice obiettivo: riportare nell’area dell’euro l’inflazione verso il target del 2%, ma anche di sostenere la ripresa dell’economia attraverso maggiori volumi di credito, ampliando di conseguenza le dimensioni dell’Eurosistema. Stante tutte queste agevolazioni per il sistema creditizio, non crede che adesso le banche non hanno più alibi nel non concedere credito?

“Non sono agevolazioni, sono condizioni di mercato. Non è che le banche usufruiscono del taglio del costo del denaro come privilegio, le banche anzi, se mai, ne hanno uno svantaggio, nel senso che lavorano meglio e realizzano più ricavi e dunque più utili, quando i tassi sono alti e non quando sono così bassi come ora. Comunque, in Italia a fine 2014 da dati pubblici risulta che gli impieghi sono molto più elevati rispetto al 2007, anno di inizio della crisi economica e finanziaria. Secondo dato è che l’Italia è il Paese che ha visto le banche richiedere la maggior quota di fondi attraverso la prima asta TLTRO (aste mirate di rifinanziamento a lungo termine n. d. r.), che è la prima destinazione della Bce per le imprese: in tutto 26 miliardi di euro.  Però i prestiti erogati dalle Banche italiane nel loro complesso sono circa 1.800 miliardi di euro. Quindi solo 26 miliardi sono stati ottenuti a tassi bassi, ma il resto sono a tassi di mercato e la raccolta bancaria del risparmio viene fatta con degli strumenti, soprattutto di carattere obbligazionario o di raccolta vincolata nel tempo pluriennale che ha un costo che assomma in esso anche lo spread che c’è tra la raccolta del denaro da parte dello Stato e quello dei Bund tedeschi. Lo spread pesa non solo sui costi dello Stato per onorare gli interessi sui titoli del debito pubblico, ma ricade sulla catena di costruzione dei  costi della raccolta bancaria e degli impieghi dei prestiti bancari. Il peso del debito pubblico italiano si ripercuote all’ennesima potenza sulla fissazione finale del costo del denaro. Per altro le banche stanno vivendo una fase di severissime regole (Basilea 3 e le regole dell’EBA), a cui bisogna assolutamente dare applicazione. La fase storica attuale non è una fase nella quale i denari si possano prestare con disinvoltura e a costi troppo bassi. I prestiti possono essere fatti esclusivamente a coloro (famiglie e imprese) che hanno le carte in regola a cominciare dalla trasparenza societaria e fiscale. Altrimenti le banche non possono prestare il denaro a chi non ha questi due requisiti”.

Il sistema delle imprese in Italia si finanzia prevalentemente attraverso il canale bancario. Come vede lei e l’Abi sistemi di finanziamento alternativi introdotti nella legislazione vigente dalle leggi volute dagli ultimi tre Governi e dal Parlamento.

“noi siamo favorevoli al pluralismo delle fonti di finanziamento. Nel senso che siamo per la frammentazione dei rischi, quindi il fatto che l’Italia abbia un’economia bancocentratica non è una scelta, né dipende dalle banche. Dipende soprattutto dalla prevalente sottocapitalizzazione delle piccole e piccolissime imprese che viene più delle volte compensata ricorrendo ai prestiti bancari, soprattutto a breve e medio termine. Quindi ben vengano tutti gli strumenti di finanziamento alternativi al canale bancario, come i mini bond, la crescita attraverso venture capital e private equity, che diversifichino il rischio bancario”.

Il rinnovo del contratto dei bancari è in una fase di stallo. La distanza è incolmabile? Quando pensate di chiudere e su quali termini?

“Se ne occupa per noi Alessandro Profumo (membro del board dell’Abi e Presidente del Monte dei Paschi di Siena n.d.r.). La distanza tra le parti non è incolmabile. C’è un confronto in atto con degli approfondimenti in corso e di conseguenza occorre ragionare, ragionare, ragionare”.

 

 

 

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