Oltre diecimila PMI sono pronte per il mercato dei mini bond

Direttore Offering e Marketing di Crif, Agenzia di Credit Rating.

Francesco Grande è il Direttore Offering e Marketing di Crif, Agenzia di Credit Rating.

Sono 10.457 le società di capitali che presentano le caratteristiche potenziali per poter accedere al mercato dei cosiddetti “mini-bond” e più in generale delle obbligazioni, quindi con la possibilità di raccogliere le risorse finanziarie necessarie a sostenere piani di sviluppo o di espansione anche internazionale.

Relativamente ai requisiti necessari per poter accedere a questi strumenti finanziari, dallo studio realizzato nel mese di ottobre da CRIF Rating Agency – la prima agenzia di rating italiana riconosciuta nell’ambito della recente cornice regolamentare europea –  risulta che la maggior parte delle imprese selezionate, oltre 9.200 per la precisione, ha registrato negli ultimi due anni un fatturato in crescita o comunque stabile e si caratterizza per un’elevata propensione agli investimenti, in particolare di medio-lungo termine. Del resto in un periodo come quello attuale, caratterizzato da una prolungata difficoltà da parte delle piccole e medie imprese ad accedere a finanziamenti tramite il tradizionale circuito dell’intermediazione creditizia, diventa assolutamente fondamentale poter reperire risorse finanziarie, in particolare di medio-lungo termine, anche attraverso canali alternativi o comunque complementari a quello degli istituti di credito. Questa situazione, insieme alla spinta normativa avviata con il Decreto Sviluppo del 2012, ha determinato i presupposti affinché il mercato dei mini-bond inizi a decollare, come testimoniano anche le prime recenti emissioni da parte di CAAR (3 mln €), Primi Sui Motori (1,7 mln €) e Filca Coop (9 mln €).

“In questo scenario, l’analisi condotta da CRIF Rating Agency non ha la pretesa di indicare con certezza la capacità della singola impresa di sostenere un eventuale nuovo debito di medio-lungo termine, tuttavia può dare una dimensione d’insieme delle aziende che potenzialmente hanno le carte in regola per affacciarsi con successo ai mercati del debito – commenta Francesco Grande, Direttore Business Development di CRIF Rating Agency -.  L’aspetto più interessante è che questo studio scatta una fotografia ad un target di aziende in crescita, che continuano ad investire anche su progetti di medio e lungo termine e che appaiono in grado di sostenere piani di sviluppo in parte con mezzi propri e in parte con risorse finanziarie da reperire, sempre più spesso, al di fuori di circuiti tradizionali. È, in definitiva, la fotografia di un pezzo importante del nostro Paese che non si è fermato durante questi lunghi anni di congiuntura economica negativa ma che, anzi, guarda con fiducia al futuro e vuol continuare a crescere. E che per farlo ha bisogno di essere adeguatamente assistito, dentro e fuori il sistema bancario”.

Secondo lo studio di CRIF Rating Agency, per poter avere chance concrete di accedere al mercato dei mini-bond le aziende dovrebbero presentare un fatturato di almeno 5 milioni di euro, un EBITDA sempre positivo negli ultimi 3 anni e pari ad almeno il 10% del fatturato nell’ultimo esercizio, una leva finanziaria (cioè il rapporto tra debiti finanziari e patrimonio netto) non superiore a 4, oltre a quanto specificatamente previsto dalla normativa del Decreto Sviluppo e dal regolamento dell’ExtraMOT PRO (la nuova piattaforma creata da Borsa Italiana per accogliere obbligazioni e cambiali finanziarie emesse ai sensi del Decreto Sviluppo), ossia la pubblicazione del bilancio degli ultimi due esercizi, di cui l’ultimo sottoposto a revisione contabile.

Entrando maggiormente nel dettaglio, da un punto di vista settoriale le aziende che sono risultate essere in target per l’emissione di mini-bond nel 23% dei casi appartengono al comparto dei servizi (in primis studi professionali/di consulenza, con 878 aziende, e società di logistica/trasporto, con 571 aziende) e a quello manifatturiero (22% del totale), nell’ambito del quale l’industria chimica (con 1.028 imprese) e quella elettronica (474) sono i comparti con l’incidenza più elevata.

Lo studio di CRIF Rating Agency analizza anche la distribuzione per fascia di fatturato: più di 9.100 aziende in target si caratterizza per un fatturato inferiore a 50 milioni di € ed è dunque in linea con la definizione di PMI secondo i parametri della Commissione Europea (che comunque tengono in conto anche altri aspetti, come il numero dipendenti e il volume dell’attivo).

L’altro aspetto interessante è che circa l’88% delle imprese selezionate si caratterizza per un trend di fatturato negli ultimi 2 anni in crescita o comunque stabile, mentre solo il 12% registra un calo sia nell’ultimo che nel penultimo esercizio.

Un ulteriore aspetto da non sottovalutare è che 9 aziende su 10 del campione selezionato presentano un Capex (Capital Expenditure) netto positivo negli ultimi due esercizi e, di queste, 1 su 2 presenta un’incidenza elevata del Capex netto sul totale attivo, a conferma dell’elevata propensione agli investimenti, in particolare di medio-lungo termine, plus decisamente importante per accedere ai mercati del debito.

L’analisi di CRIF Rating Agency si sofferma anche sulla distribuzione delle imprese in termini di rapporto tra Posizione Finanziaria Netta ed Ebitda, un indicatore tipicamente utilizzato nei mercati finanziari per rilevare il tempo (anni) necessario ad un’azienda per ripagare i debiti finanziari netti (PFN) sulla base del proprio reddito al lordo di ammortamenti, interessi e tasse (EBITDA o MOL).

Nello specifico è emerso che solo il 10% delle imprese ad elevata potenzialità si caratterizza per un rapporto tra PFN ed EBITDA superiore a 5, indice di una probabile tensione finanziaria, mentre per il 9% di aziende il rapporto è compreso tra 3 e 5, dunque da tenere sotto controllo. Per altro, il 65% delle aziende con PFN/EBITDA superiore a 3 presenta anche un rapporto di indebitamento (PFN/PN) inferiore a 2 e, dunque, tutto sommato con un ricorso limitato alla leva finanziaria.

La quota restante delle imprese selezionate ha, invece, un rapporto PFN/EBITDA su valori assolutamente contenuti e, addirittura, quasi un’azienda su due (il 43% del totale, per la precisione) risulta essere “cash”, cioè senza debiti finanziari netti.

“Dal nostro studio si evince che le aziende selezionate sembrano avere tutte i presupposti per accedere a nuove risorse finanziarie, a maggior ragione se queste devono essere utilizzate per sostenere piani di sviluppo – illustra Francesco Grande -. Piani che, per altro, per una parte non trascurabile dei casi potranno essere sostenuti senza eccessivi affanni, anche ricorrendo parzialmente alla capacità propria di autofinanziamento”.

Dal punto di vista della localizzazione geografica, infine, dallo studio di CRIF Rating Agency emerge una concentrazione prevalente nelle regioni del Nord-Ovest, con il 43% del totale. Seguono a distanza quelle del Nord-Est (28%), del Centro (17%) e del Sud e Isole (12%).



 

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