Il prestito sociale? Uno strumento positivo, ma serve prudenza. Intervista con il professore Alberto Niccoli

Il Professore Alberto Niccoli è ordinario di Politica economica e finanziaria all’Università Politecnica delle Marche.

Il Professore Alberto Niccoli è ordinario di Politica economica e finanziaria all’Università Politecnica delle Marche.

Fenomeno limitato in Italia, più diffuso nel mondo anglosassone. Fra i vantaggi bassi tassi d’interesse e  contributo alla formazione di capitale sociale. La finanza, anche attraverso adeguate forme di tassazione, va ricondotta alla funzione di essere strumentale alle scelte reali dei soggetti: occupazione, consumi, investimenti non finanziari e, soprattutto, attività imprenditoriali nuove o che si sviluppano. - Professore Niccoli quanto vale il prestito sociale?

“E’ molto difficile avere idee precise sulle dimensioni del fenomeno: essendo poco regolamentato, mancano stime ufficiali. Tuttavia, in base ai dati aziendali delle piattaforme il fenomeno appare molto limitato in Italia, più  rilevante invece nel mondo anglosassone”.

- Questo finanziamento incorpora il valore etico?

“Esistono due versioni del social lending: quello commerciale, finalizzato al profitto e quindi lontano dal microcredito; e quello chiamato “per lo sviluppo”, che consiste nella concessione di prestiti a tassi bassi, o nulli, e quindi molto più prossimo. Inoltre, nei paesi anglosassoni vengono spesso utilizzate le risorse derivanti da donazioni, così da ottenere un risultato importante: chi riceve una donazione è poco responsabilizzato; chi ottiene prestiti, grazie alle donazioni, lo è molto di più, perché, se non rimborsa, perde la faccia”.

- Restando all’aspetto meramente finanziario, ci si può fidare? Quali i rischi e le opportunità?

“In linea di massima, il giudizio su questi strumenti è certamente positivo, anche se occorre oculatezza. In genere le piattaforme informatiche danno valutazioni sui rischi dei progetti presentati; tuttavia, anche per quelli più sicuri, il rischio è comunque elevato, perché per lo più il finanziamento o è totalmente rimborsato o non lo è per niente. Ogni potenziale finanziatore deve allora concedere più prestiti, piccoli, così da frazionare il rischio. Fra i tanti vantaggi di questi strumenti, vanno evidenziati i bassi tassi d’interesse e il contributo che essi danno alla formazione di capitale sociale: due o più soggetti che non si conoscono, si fidano l’uno dell’altro, o degli altri. La fiducia, oggi assai scarsa in Italia e nel mondo anche a causa della diffusione della cosiddetta “finanza tossica”, ne risulta promossa”.

- Oggi le banche sono più caute nell’accordare i finanziamenti alla clientela, perché temono di non poter recuperare i crediti. D’altra parte gli utenti sono disorientati dai comportamenti spregiudicati di certe banche che sembrano tirare a sorte con i loro risparmi?

“Ha ragione. La “finanza tossica” comprende anche le tante operazioni che generano soltanto contrapposizione fra soggetti: uno guadagna quel che l’altro perde; inoltre esse spesso non hanno alcuna ricaduta positiva sulla sfera reale del sistema economico: raggiungono le decine di migliaia di miliardi di dollari al giorno, durano spesso minuti o secondi, ridistribuiscono solo ricchezza fra i soggetti: pochi guadagnano cifre sconvolgenti pressoché esentasse, tanti perdono. La finanza, anche attraverso adeguate forme di tassazione, va ricondotta alla sua funzione, ovvero essere strumentale alle scelte reali dei soggetti: occupazione, consumi, investimenti non finanziari e, soprattutto, attività imprenditoriali nuove o che si sviluppano”.

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