Dal vertice di Bruxelles al G20 di Mosca, tutti i problemi dell’Italia nell’analisi del monetarista Carmine Trecroci

Economista monetarista, Trecroci insegna Economia politica e Scelte di portafoglio all’Università degli studi di Brescia.

Economista monetarista, Trecroci insegna Economia politica e Scelte di portafoglio all’Università degli studi di Brescia.

Le deviazioni dal raggiungimento del pareggio di bilancio? Una nocciolina lanciata nella gabbia delle scimmiette urlatrici. La spesa pubblica (e il debito) continua a crescere, ma più lentamente e per alimentarla aumenta la pressione fiscale. La nostra austerità? Un’illusione ottica. I tagli? In Grecia e in Portogallo, non in Italia. I problemi dell’euro sono tutti lì: in qualsiasi momento le tensioni potrebbero nuovamente farsi sentire. Il sistema bancario italiano non è solido. Troppo Stato nell’economia. Dopo il vertice di Bruxelles sul sostegno a piani di rilancio dell’occupazione, soprattutto giovanile,  la Commissione Ue ha rotto gli indugi e attraverso il presidente Josè Barroso ha deciso di consentire “investimenti pubblici” cofinanziati con “deviazioni temporanee dal raggiungimento dell’obiettivo di medio termine del pareggio di bilancio e del rispetto del rapporto tra deficit e PIL al 3%. E’ una svolta, o una nocciolina lanciata nella gabbia delle scimmiette urlatrici?

“Concordo con la seconda che ha detto. Le deviazioni temporanee sono limitate e solo in pochi casi saranno realmente permesse. Sono molte le condizioni che dovranno verificarsi perché possa essere accordata questa deroga. Anzitutto occorre che l’Italia sottostia ai programmi concordati dal Fiscal compact. Ciò significa tagliare 45 miliardi di euro di debito ogni anno per i prossimi 20 anni. In altre parole, occorrerebbe fare una manovra restrittiva di politica fiscale da circa 40 miliardi annui indipendentemente da ogni altra cosa. Pensi alle acrobazie verbali e fisiche del Governo Letta per reperire le risorse finanziarie indispensabili per scongiurare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% e per l’abolizione o l’addolcimento dell’Imu sulla prima casa, figuriamoci cosa si dovrebbe fare per trovarne quarantacinque. Per giungere a cogliere questa ventilata ma secondo me teorica opportunità, l’Italia dovrebbe avere un rapporto deficit-Pil al 2,6%. C’è da aggiungere, inoltre, la considerazione che la deviazione è consentita per investimenti pubblici cofinanziati dall’Ue con i fondi strutturali”.

Che tipo di investimenti?

“Non è un investimento il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione alle imprese. Investimento significa ad esempio ristrutturare gli edifici scolastici, o risanare le aree industriali inquinate”.

Di troppa austerità si può morire. Tedeschi e francesi hanno aperto gli occhi e, soprattutto, le orecchie ascoltando le grida strazianti di mezza Europa che arranca: dalla Grecia, al Portogallo, da Cipro all’Italia.

“L’impressione generale è che gli Stati dell’Europa abbiano improntato le loro politiche nazionali all’austerità: taglio della spesa pubblica e più tasse. Questo è vero solo in parte. E’ vero per Portogallo e Spagna. Ma in Francia e Italia tutti questi sacrifici non ci sono stati. Nel nostro Paese non è diminuita la spesa pubblica, ma il tasso di crescita di essa. L’esempio più calzante è che se paragonassimo la spesa pubblica all’acqua della vasca da bagno abbiamo chiuso un poco il rubinetto, ma non abbiamo tolto il tappo, per cui il livello dell’acqua continua a crescere, solo che sta crescendo più lentamente”.

E per sostenere la sua crescita, si aumenta il prelievo fiscale con incrementi di tasse e imposte?

“Esatto. Siccome non si aggredisce la spesa pubblica, si deve aumentare per forza la pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese con effetti recessivi sull’economia”.

Senza crescita e senza ulteriori tagli alla spesa pubblica non è illusorio pensare di poter ridurre la pressione fiscale passata dal 42,6 del 2011 al 44% del 2012 secondo recenti dati della Banca d’Italia?

“E’ una grande commedia degli equivoci. In Italia il rapporto tra il debito e il Pil è al 127%, in Francia al 100%. Il grosso del rientro dal deficit non è venuta dalla riduzione della spesa pubblica ma dall’aumento della pressione fiscale. Lo scenario è ambiguo e farcito da confusione”.   

Eppure abbiamo assistito a scene drammatiche di operai, pensionati, imprenditori che si sono suicidati schiacciati dal peso delle cartelle esattoriali, dalla perdita del posto del lavoro, dall’impossibilità di poter pagare affitto, alimenti, medicine, oppure alle proteste e agli scioperi in aziende o comparti falcidiati dalla crisi.

“Tutto questo è l’effetto della crisi, non del taglio della spesa pubblica. In alcuni Paesi, come Grecia, Portogallo, e, in parte, Spagna, i tagli si vedono e l’austerità si tocca con mano. La nostra austerità è un’illusione ottica. Tanto vero che spesa pubblica e debito sono aumentati”.

Resta il dato di fondo: l’Italia non cresce. Il FMI nel suo outlook ha confermato le stime al ribasso del PIL: da – 1,5% a – 1,9% nel 2013, dal + 0,4 al + 0,7% nel 2014.

“Come potrebbe se le imprese non investono e le famiglie non consumano, ovvero se le une e le altre hanno fortemente ridotto il volume degli investimenti e delle spese per consumi?. Ma ci sono anche altri fattori che frenano lo sviluppo”.

Quali?

“Lo Stato è eccessivamente presente nell’economia e introduce gravi distorsioni nel mercato del lavoro e in quello finanziario. L’altro fattore è la competitività delle imprese. La ristrutturazione produttiva delle nostre imprese avviene ad un ritmo più lento rispetto a quello delle imprese tedesche. Le aziende italiane fanno molta più fatica ad adeguarsi alle modifiche nella logistica, nei trasporti, anche a causa del nanismo imprenditoriale. Indicherei, poi, anche una certa arretratezza del sistema scolastico e universitario che non riescono a sostenere adeguate competenze in chi studia. Volendo esemplificare al massimo possiamo dire che abbiamo in Italia un numero molto elevato di laureati in legge, scienze politiche, lettere, ma pochi laureati in discipline scientifiche e tecnologiche. Ci sono figure professionali in deficit e altre in esubero. C’è un gap notevole tra domanda e offerta di lavoro e le imprese da tempo ormai denunciano la carenza di determinate figure professionali ”. 

Draghi sostiene che nel 2014 ci sarà la ripresa, che la politica monetaria resterà accomodante e non finiranno le operazioni non convenzionali per sostenere il mercato dei debiti sovrani.  Questo vuol dire che i timori sulla tenuta della moneta unica non sono finiti? Che occorrerà sostenere ancora quei Paesi con spred elevati, alti deficit e debiti e conti in bilico?

“L’area dell’euro è fragile oggi come lo era ieri. Non è cambiato nulla. Anzi se è per questo la preoccupazione si sta facendo strada anche nei Paesi europei più solidi. Non mancano certo i motivi per causare una risalita degli spread”.

A proposito di banche, il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco al G20 di Mosca ha sostenuto che, sia dalle analisi del Fondo Monetario Internazionale, sia da quelle realizzate dalla Banca centrale, emerge “una capacità di tenuta del sistema bancario a shock esterni in termini di capitale” e che “non ci sono segni di preoccupazioni eccessivi”.

“E’ una mezza verità. Sono diminuiti rischi e vulnerabilità delle banche, ma i bilanci non riflettono le sofferenze e i crediti non recuperabili. Inoltre restano fragili le condizioni di approvvigionamento sul mercato interbancario”.  

 

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